a cura di Arianna Orlando|
Clara: 8 e mezzo
da esordiente inaugura la prima serata del festival con un abito della collezione di Armani Privè del 2011. Il fisico di lei è tornito da una composizione in stoffa dai tratti spigolosi e dai toni cangianti che regala un effetto ottico molto particolare, riflesso a sua volta nel glowing del make up. Il suo hair look è soft, delicato e molto lineare. Diamanti grezzi è un testo destinato indubbiamente al successo radiofonico e contiene il sentore e il vago ricordo di Origami all’alba, di cui ci si dimentica in luogo del ritornello dove lei sfida il suo tono vocale con note nuove e più alte.
Sangiovanni: 8 e mezzo
In total white, modalità oversize, mantiene e richiama la classicità di un tipico abito sanremese: ha la giacca, la cravatta, la giacca e il pantalone e tutti questi dettagli, cura di Gcds, sovrastano il suo corpo minuto e si stratificano su di lui in un effetto denso e cremoso. Sembra un ciuffo di panna con i riccioli di Febo. La canzone, dal titolo Finiscimi, è tipicamente “sangiovannese” e le sue parole scivolano su un tappeto musicali dai toni dolci in contrasto con le parole attinenti al lessico di separazione tipico della canzone del dis-amore che il cantante ha scelto di presentare al festival.
Fiorella Mannoia: 9
In abito firmato da Luisa Spagnoli, richiama con il suo look un verso della canzone Mariposa. La Mannoia, che domina il palco con esperienza, si esibisce magistralmente in un canto capace di elevare la condizione della donna di ogni tempo a una creatura terrena, valida e degna di diritti e doveri.
La sad: 6 e mezzo
Se è vero che l’abito non fa il monaco, stavolta dobbiamo affermare il contrario. I tessuti di Philipp Plein non hanno convinto, soprattutto se accompagnati agli accessori che rappresentano le ossai n rilievo. Autodistruttivo è una canzone dal tema importante ed è anche musicalmente ben strutturata ma non si sposa bene ai gusti radiofonici e non si presta all’uso social.
Irama: 8
Lo stile è minimal, essenziale fino al semplicismo. La scelta cade sull’un-branded e sul total black. Canta Tu no e la tempra con il suo tono vocale particolare e potente. Entra nelle ossa e le sconquassa. Brivido felino.
Ghali: 8
Una canzone importante, dal titolo Casa mia, rende il cantante messggero di inclusività in un mondo in cui regna la superficialità in materia di informazione su tematiche sociali quali l’immigrazione, l’emigrazione e le guerre di confine. In uno sberluccioso blu Loewe, Ghali si riconfrma una hit.
Negramaro: 5
Se il testo “Ricominciamo tutto” si fosse poggiato su un tessuto musicale diverso, la canzone sarebbe stata un vero capolavoro, ma non è stato così. Il look in Armani e la scenografia hanno salvato il salvabile.
Annalisa: 10
Secondo i pronostici e anche gli andamenti degli altri festival, la canzone “Sinceramente” non salirà sul podio ma di certo avrà un successo strepitoso e risuonerà in qualsiasi radio, in qualsiasi auto, in qualsiasi palestra, in tutti i luoghi della terra. Già immaginiamo milioni di views e di streaming meritatissimi perchè la voce di Annalisa plana dolcissima e pulita su ogni nota e si insinua tra le pieghe dell’orecchio in un ritmo travolgente e impetuoso. E’ la hit di cui avevamo bisogno. Annalisa appare sul palco in un outfit firmato Dolce&Gabbana dai toni sensualissimi.
Mahmood: 6
In un total black dai toni aggressive firmato Prada, Tuta Gold è la canzone scelta per la famosissima kermesse sanremese. La voce di Mahmood ha quella tonalità calda e avvolgente di un vento nord-africano e raggiunge il nostro udito con lo stesso coinvolgimento che eserciterebbe il meraviglioso richiamo di un muezzin alla preghiera, ma il testo non convince e non ci proietta in quella dimensione ultraterrena che solo la voced di Mahmood sa creare.
Diodato: 6
In un completo total white firmato Zegna, la figura di Diodato è quella di un intellectual chic che si fonde sullo schermo e nella canzone. La sua Ti muovi è un testo di raffinata scrittura e la voce è molto elegante ma nel complesso non emergono nè l’una nè l’altra.
Loredana Bertè: 10
Il testo è audace, energico, possente, veloce, d’impatto, ruggente. Loredana Bertè è d’altra parte la più ruggente delle cantanti italiane, colei che con la sua audacia irradia sui palchi dell’Ariston una purissima energia intonata fin dal 1986. In Valentino, firmato Pierpaolo Piccioli, Loredana Bertè compare in un mini dress e calze a rete che mettono in risalto le sue gambe strepitose.
Geolier: 7
Si presenta sul palco dell’Ariston per la prima volta con un perfetto completo firmato Armani.
Ha l’appeal di colui che, sulla scia dei successi precedenti, lancerà una hit indimenticabile ma lascia a casa il ground e l’orgoglio di essere arrivato a Sanremo con la maternità linguistica del dialetto napoletano. Dimentica di avere raggiunto l’apice del successo e di essere entrato nell’Olimpo di quasi tutti i giovani
d’Italia con la sua passione e anche con la “cazzimma” che lo distingue e ci lascia a bocca asciutta con I p’me, tu p’ te addolcita, dai toni smorzati e quasi senza forze.
Alessandra Amoroso: 8 e mezzo
Un esordio perfettamente in linea con se stessa, con la sua qualità tonale, con il suo stile. Elegantissima in Monot, Alessandra Amoroso convince con la sua Fino a qui perchè la sua voce è calda, è dolce, soffiata ma diventa quasi una preghiera o un gradino che conduce a un piano diverso della canzone con il suo “ma ora no” nel bel mezzo del ritornello. Sarebbe un peccato se non sfiorasse il podio.
The Kolors: 5
Vestita da Armani, la band eccita il pubblico dell’Ariston con il futuro tormentone, ma i toni sono sempre gli stessi e sulla scia delle canzoni, seppure di successo che li hanno preceduti, anche la musica non subisce variazioni sensazionali.
Angelina Mango: 8
In un abito variopinto di Etro, Angelina Mango veicola non solo con la voce ma anche con la potenza della presenza scenica l’energia della canzone scritta da lei e da Madame. Vivace, potente, dinamica, Angelin è una diva presente e futura e conquista il pubblico in quel modo in cui solo una stella vera e propria, a dire il vero nata coì, sa e potrebbe fare.
Il volo: 3
Trio vestito elegantissimamente da Armani ma la canzone “Capolavoro” è per i tre cantanti “il pane quotidiano”: nessuna novità vocale, nessuna illusione scenica. Il Volo si sposa benissimo con le atmosfere teatrali e la voce del trio è potente e splendida ma alla kermesse non aggiunge assolutamente nulla e delinea anzi una ritualità che sembra essere destinata a ripetersi all’infinito.
Big Mama: 5
In outfit Lorenzo Seghezzi, sembra troppo inesperta per gestire un palco come quello dell’Ariston, ma-come Annalisa al suo esordio all’Ariston- è un personaggio della scena musicale tutto da scoprire. Grandi potenzialità messe in evidenza dal testo dai profondi toni di empowerment femminile.
Ricchi e Poveri: 5
Vestiti da Vivetta Ponti, i Ricchi e Poveri sono too much. Impacchettati da 9 metri di duchesse, cantano una canzone in linea con il loro stile e rallegrano la prima serata del festival con l’atteggiamento di chi si diverte moltissimo cantando ma non convincono con la loro”ma non tutta la vita”.
Emma: 8 e mezzo
Ci lascia tutti in Apnea prima con il suo stile firmato Marc Jacobs e in seguito con una canzone quasi soffiata. Le parole respirate dolcemente nel microfono sono sensualissime e Emma si riconferma come una delle super artiste della kermesse di quest’anno e come una delle cantanti di rilievo della scena musicale italiana.
Nek e Renga: 4 e mezzo
Vestiti da Maurizi Miri, la loro “Pazzo di te” è la minestra riscaldata di questo festival. I toni sono sempre gli stessi e le voci dei due cantanti si commistionano in una melassa dai gusti dolciastri e dalla sintonia melensa.
Mr Rain: 5 e mezzo
Canzone da social, da storie strappalacrime, ripetititve e dolciastre. Due altalene è il prosieguo involuto e innecessario di Supereroi, senza il coro dei bambini. Il meglio dell’esibizione è il look di Fendi.
Bnkr44: 3 e mezzo
Governo punk è caos: una cacofonia di pop,rock e la martellante ripetizione di “eheheheh”. Too much persino nel look a cura di HG/LF.
Gazzelle: 6
E’ “tutto qui” il brano di Sanremo che non spinge la scena indie ai vertici della top-5 e resta anche al di sotto delle nostre aspettative ma ragguardevole è la scelta del vestirsi un-branded. Audace in questo.
Dargen D’Amico: 10
Onda alta è un’onda emotiva. La canzone veste un tema speciale in abito Moschino, rivestito da simbolici orsacchiotti. Da podio.
Rose Villain: 7
Look curato da Marni, “click boom” è un pop eclettico, energico e coinvolgente. Da disco.
Santi Francesi: 9
Bellissimi in completo Dolce&Gabbana, sorprendono il pubblico sanremese con una canzone dolcissima e spietata in un linguaggio continuamente ossimorico. Canzone comprensiva con “l’amore in bocca”.
Fred De Palma: 7
Vestito da Ssheena, “il cielo non ci vuole” è ritmica, rimata, nuova e innovativa. Risuonerà forte nelle radio.
Maninni: 6
“Spettacolare” è una canzone quotidiana, dalla tonalità precisa e pulita ma dalle parole e dai concetti ripetitivi. Vestito da Antonio Riva.
Alfa: 4 e mezzo
“Vai!” non è per niente “bellissimissima”. Un-branded.
Il Tre: 3
3,3,3. Un ritmo che si ripete. Fragili è banale e ripetitiva, sembra di averla sentita già un milione di volte. Vestito da Diesel.
Foto in evidenza: Messaggero.it

