Ischia d’altri tempi: Succhivo e la sua storia – Parte seconda

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di Camilo Buono|

Continuiamo nel proseguire il percorso storico-culturale che “Ischia d’Altri Tempi” ci dona e ci concede condividere con i nostri cari lettori. Un racconto che ci porta indietro negli anni e che in tanti forse iniziavano a non ricordare più ma che invece, grazie alla ricerca e alla meticolosità di chi cura con amorevole passione la pagina social “Ischia d’Altri Tempi”, possiamo riscoprire con quel pizzico di nostalgia che inevitabilmente affiora quando si parla del tempo che fu. E ora a voi la lettura della seconda parte di questo “viaggio nel tempo” nella piccola frazione di Succhivo.

PARTE SECONDA – Prima ancora che la carrabile tagliasse il paesino di Succhivo in più parti, l’abitato appariva decisamente ben diverso rispetto a come lo vediamo oggi. Laddove oggi vi è l’incrocio tra l’antica Via Succhivo/Caravano e la strada Provinciale, presso la fontanina dell’acqua, un tempo vi erano parracine di tutto rispetto. L’antica Via Succhivo proveniente da Caravano, superata la Chiesa, dava accesso al vicoletto di Via Gaetano Di Iorio che, da stretto budello qual era, permetteva ai Succhivesi di giungere al belvedere del paese (oggi scomparso). Si saliva da Caravano, si arrivava alla chiesa e, sulla sinistra una serie di parracine delimitavano numerosi appezzamenti di terra, posti a quote decisamente superiori rispetto alla strada. Un piccolo slargo permetteva a pochi orchestranti di suonare durante le festività. Questa era Succhivo. Questa piccola premessa è doverosa per ricordare a certi benpensanti che Succhivo ha subito uno sterro non di poco conto all’indomani dell’apertura della carrabile e c’è ancora oggi chi ricorda i numerosi cocci di epoca greca o arcaica prelevati da antichi paleosuoli emersi durante la sua costruzione. Basti pensare al fatto che subito dopo gli odierni campi da tennis, la collina venne quasi completamente sventrata. Focalizziamoci ora sulla chiesa e la sua storia che, a quanto pare, risulta ancora sconosciuta a molti. Iniziamo dicendo che, da un rogito notarile di Alfonso Di Majo di Forio, risalente al 29 gennaio 1684, apprendiamo che la Chiesa di Succhivo, in quell’anno, era già in fase di costruzione per mano di Gesummino Mattera e suo fratello Giuseppe. I due fratelli Mattera, fontanesi doc ma succhivesi di adozione, erano i nipoti di Gesummino Mattera alias “capajanca” di Fontana. Al 15 novembre 1688, quattro anni dopo, risale invece il testamento del fratello Giuseppe, rogato dallo stesso notaio, nel quale si evince che la Cappella non ha ricevuto ancora la “Bolla di Fondazione”. Nello stesso documento, il notaio evidenzia che la “cappella” è stata costruita NUOVAMENTE dai fratelli Mattera. Ciò potrebbe anche lasciarci intendere che fu costruita sui ruderi di una qualche precedente costruzione religiosa. Primo cappellano a noi noto fu Don Nicola Mattera alias Aglianico, nipote dei fratelli Mattera poc’anzi citati e, per sua sfortuna, anche il primo succhivese ad essere sepolto all’interno della nuova chiesetta. Non siamo a conoscenza di quanto fosse grande la fabbrica iniziale; probabilmente essa era di circa la metà più piccola di quella attuale. Da testimonianze risalenti agli anni ’60 del secolo scorso, sappiamo che dove oggi esiste il confessionale un tempo dovette esserci una piscina d’acqua. Potremmo ipotizzare che la chiesa, quando venne eretta, fosse molto simile a quella di Santa Maria al Monte, con cortile esterno e pozzo con piscina d’acqua. Certamente venne dotata di un primo ambiente sotterraneo, adatto a poche sepolture, e ciò farebbe ipotizzare che si trovasse poco prima dell’altare, dove fino a pochi anni addietro era presente sul pavimento una lapide marmorea a ricordo dei succhivesi lì sepolti (ad oggi scomparsa o trafugata). Da un punto di vista storico, Don Nicola Mattera alias Aglianico, nel 1700, fu il primo a venir sepolto in questo ambiente sotterraneo, all’interno della Cappella. Si dovettero attendere ben 48 anni prima che ciò avvenisse nuovamente; all’età di 70 anni, il 2 agosto 1748, Iacono Restituta vedova di Mattera Giuseppe alias Aglianico, trovò sepoltura nella cripta della Cappella di Succhivo. Quello stesso anno, all’età di 33 anni, “sembra” vi trovò sepoltura anche Mattera Anna Lucia, figlia di Mattera Domenico alias Aglianico e Annuccia Mattera alias Di Colamarino. Tutti appartenenti alla medesima famiglia Mattera. Da quell’anno in poi, sempre più spesso, la Cappella di Succhivo iniziò ad accogliere al suo interno sempre più salme succhivesi. Ebbene si! Come TUTTE le chiese che accoglievano le sepolture, anche quella di Succhivo ebbe le sue cripte; inizialmente una e successivamente, ad ampliamento avvenuto, ne venne realizzata una seconda. I disastrosi lavori di trasformazione che interessarono la chiesa di Succhivo, sul finire degli anni ’60 del secolo scorso, portarono non solo alla distruzione e relativa scomparsa di queste due cripte (profonde circa tre metri con volte a botte) ma portarono anche alla distruzione di almeno una galleria sotterranea, di ignota natura, trovata durante i lavori. Fortunatamente, persone ancora viventi in grado di raccontarci cosa accadde durante quel triste periodo ce ne sono ancora ma, di fatto, si è persa l’occasione di poter investigare il sottosuolo della chiesa. Basti pensare al fatto che se le cripte fossero state lasciate al loro posto e rese accessibili, si sarebbe già potuto disporre di una certa profondità utile in grado di permettere alle moderne tecnologie di scandagliare i rimanenti metri al di sotto della chiesa. Questo sempre in virtù del fatto che l’antico ed arcaico suolo venne sepolto sotto una consistente quantità di detriti. Fantasia o realtà? Forse saranno i nostri figli o i nostri nipoti ad appurarlo. Certamente le stranezze non si esauriscono certo qui. Uno studio astronomico condotto sulla Chiesetta di Succhivo ha permesso di evidenziare alcune particolarità degne di note. Come prima cosa, l’aver rilevato l’inclinazione della navata centrale della chiesa rispetto al Nord Vero ha permesso di ottenere una retta orientata per 008°/188°, valori sui quali è necessario spendere qualche parola. La tradizione popolare ha da sempre tramandato alla popolazione succhivese la leggenda secondo la quale la chiesa venne costruita in maniera tale da permettere al quadro posto sull’altare di “guardare” e proteggere il luogo di origine della famiglia Mattera alias Aglianico. Nello specifico, il quadro guarderebbe la collina di Serrara. Se così fosse, la chiesa verrebbe edificata con un’inclinazione di 8° rispetto al Nord Vero per rendere “possibile” quanto appena detto. Tuttavia, noi siamo convinti che il valore numerico da tenere in considerazione è l’esatto opposto, ossia 188°. Ricordiamo, infatti, che fino alla metà degli anni ’60, il sacerdote celebrava la messa dando le spalle ai fedeli. Immaginiamo la piccola Cappella di Montevergine eretta dalla famiglia Mattera subito dopo la sua ultimazione. Stando alle poche informazioni in nostro possesso, sembra che detta Cappella non nacque allo scopo di dare sepoltura ai succhivesi; è verosimile che fosse un “gesto” di devozione, ma soprattutto di ringraziamento. A dircelo è il numero introdotto poc’anzi. Lo studio del numero 188, se condotto in ambito astronomico, permette di ottenere alcune importanti informazioni, soprattutto se non svincolato dal numero 8. Iniziando da quest’ultimo, e considerando che la Cappella è consacrata alla Madonna di Montevergine, dobbiamo per forza di cose pensare che essa venne orientata lungo l’asse 8/188 per associare l’edifico al giorno in cui si è soliti festeggiare questa Madonna, l’8 settembre, molto spesso considerato anche il giorno in cui si dà inizio alla vendemmia. E con ciò abbiamo un primo legame con la vite ed il vino, sulla quale la famiglia Mattera poggiava le sue finanze. Legame indissolubile tra il vino e la Madonna di Montevergine. Il 188, invece, ci porta al sacerdote che celebra messa verso questa direzione, quest’ultima fissata in fase di costruzione. Perché? La risposta in parte è semplice. Perché con un osservatore in quel preciso luogo geografico, Succhivo, posto in direzione dell’orizzonte e con lo sguardo ad un’altezza tra i 30 ed i 40 gradi, era possibile ammirare, di notte, la costellazione della vergine. Ecco, quindi, che la Cappella è consacrata alla Divinità Creatrice che tutto vede, crea e muove (come le stelle del firmamento). Come un’antica cattedrale orientata alle stelle, così la piccola Cappella venne costruita a metà tra cielo e terra. Il cielo, simbolo dell’immensità del Creato, e la terra, simbolo della natura umana. A questo punto possiamo e dobbiamo fare un’ultima analisi. Sappiamo che la costruzione della Cappella di Succhivo venne avviata certamente prima del 1684. Prima di questo anno ci fu una data avente caratteristiche alquanto particolari. Parliamo del 19 ottobre 1683. Alle 11 e 42 di mattina (grosso modo) di quel giorno in cielo, a 188 gradi ca., un osservatore posto a Succhivo, se fosse stato buio, avrebbe avuto nella costellazione della Vergine il sole, la luna (nuova) ed il pianeta Venere, quasi in verticale alla stella Spica. Se ciò fosse pari al vero, quale giorno migliore per celebrare il rito della posa della prima pietra? Quale migliore occasione per consacrare una costruzione alla Vergine (legandola all’omonima costellazione), al sole (simbolo di vita), alla luna (al cui movimento sono legati le antiche credenze di semina e raccolto) e Venere (stella del mattino, simbolo di Maria, immancabile sul manto della Madonna con la sua coda pendula). Ma non è tutto. La stessa costellazione della Vergine, da sempre associata alla natura femminile ed al conflittuale rapporto tra fertilità e purezza, per i popoli antichi, era associata al periodo dei raccolti, della mietitura e della vendemmia. Di fatto, due stelle ad essa appartenenti, Spica e Vindemiatrix (vendemmiatrice), hanno nomi legati proprio a queste credenze. Altra cosa importante e degna di nota è il numero di stelle principali attribuite a questa costellazione. Sette, come le “sette sorelle”, ovvero le sette festività dedicate ad altrettante Madonne campane (Montevergine è una di esse) che, per una “certa letteratura” sono legate ad altrettante Sibille e, sempre secondo una “certa letteratura”, la costellazione della vergine, legata ai cicli di semina e raccolta, permetterebbe ad un edificio ad essa orientato di diventare una sorta di antenna, capace di percepire le energie emanate da questa costellazione ed emetterle al suolo a beneficio della fertilità del luogo in cui esso sorge.