di Camillo Buono|
Ed eccoci giunti a un nuovo capitolo della storia di Succhivo raccontato dalla “penna” e dalla minuziona ricerca di “Ischia d’altri tempi”. Siamo certi che anche questo nuovo capitolo possa incuriosire e affiscinare i nostri lettori che troveranno tante curiosità finora sconosciute di questa piccola contrada del nostro comune. Buona lettura!
PARTE TERZA – Si è visto che Succhivo possa nascondere cose che alla stragrande maggioranza dei suoi frequentatori risultino ignote o quasi; tralasciando il fatto, volutamente ignorato, riguardante le antiche frane che, sembra, abbiano sepolto tutto in tempi remoti, risulta innegabile il fatto che il suo tempio, la chiesa della Madonna di Montevergine, venne eretto grazie a particolari “conoscenze” architettonico-esoteriche ben precise, forse su antiche rovine a noi ignote. Se ciò fosse pari al vero, e noi ne siamo convinti, come non considerare la sua pala d’altare un particolare ben incastonato in questo gioiello architettonico? L’attribuzione della pala d’altare raffigurante la Madonna di Montevergine, ammirabile in chiesa a Succhivo, è ancora argomento di discussione tra gli addetti ai lavori; vi è poi la totale mancanza (ad oggi) di qualsiasi documentazione scritta al riguardo che non permette di giungere a nessuna conclusione. Sappiamo che la tela, per molti, è da attribuire al pittore lacchese Alfonso Di Spigna (1697-1785) e ciò per alcuni particolari, soprattutto fisiognomici, riscontrabili anche in altre opere del Maestro. Tuttavia, la nostra opera non riporta alcuna firma o indicazione riconducibile al Di Spigna. Detta tela, mostra la Madonna che indossa un indumento rosso scuro, certamente rappresentante la sua natura umana, sopra il quale troviamo il classico manto blu, con stella a coda pendula, a rappresentare le sue virtù Divine. Il bambino Gesù, seduto sulle sue ginocchia, è vestito di rosso chiaro che, simboleggiante sempre la sua natura umana, si differenzia per tonalità dal rosso indossato da Maria. Ciò sembrerebbe rappresentare la disparità di anni che identificano l’esperienza umana vissuta in terra. Nel nostro caso, il bambino Gesù non veste con una tunica blu sopra la rossa e ciò è da intendersi come la natura Divina non abbia ancora pervaso del tutto il suo corpo. Tuttavia, il bambino è saldamente aggrappato ad un lembo di tunica della mamma. Ciò indica comunque un legame tra la figura umana del bambino e la Divinità in lui che sicuramente emergerà. Notiamo anche la posizione delle mani della Madonna, nell’atto di proteggere il figlio di Dio. In ultimo, gli sguardi della Madonna e del Bambino non guardano l’osservatore ma focalizzano un punto indefinito; esso è il nostro cuore, dove in pochi osano e riescono a guardare. La Mamma Celeste ed il figlio Gesù sembrano guardare nell’animo umano, legando il loro Amore Divino a quello nostro, quasi a ricordarci come questo indefinito sentimento, che tutto muove, ha matrice unica: quella scintilla divina che giace in noi fin dalla nascita. Ma non è tutto. Il Numero aureo o Divinae Proportione, come veniva chiamata in antichità, indica il numero irrazionale 1,6180339887…; è un numero che da sempre ha affascinato il genere umano tanto da spingerlo ad utilizzato in molte discipline, come l’architettura ad esempio. Creare una qualsiasi cosa basandosi su questo numero, permetterebbe all’uomo di divenire esso stesso Creatore, avvicinandosi a quella “divina bellezza” in grado di parlare direttamente al nostro essere più intimo. Partendo da semplici geometrie applicate alla Madonna ed al bambino presenti sulla tela in chiesa a Succhivo, ci rendiamo conto che i due soggetti furono realizzati all’interno di un cerchio, ovviamente contenibile all’interno di un quadrato. Continuando con semplici calcoli, possiamo affermare che il San Nicola venne dipinto interamente in un rettangolo aureo i cui lati ci sono ben noti. Per quanto riguarda il Sant’Antonio, il procedimento da applicare è lo stesso. In figura (allegata), i due rettangoli sono evidenziati con rette di colore rosso. Il fatto di aver evidenziato i due rettangoli aurei nei quali vennero dipinti i due Santi, permette uno studio sulle misure “teoriche” possedute dalla tela. Nel caso di San Nicola, risultano mancanti parte dei suoi indumenti e quasi tutta la parte superiore del pastorale che, teoricamente, troverebbe posto nell’angolo in alto a sinistra del rettangolo in cui il Santo è inscritto. Nel caso di Sant’Antonio, manca parte del braccio sinistro e parte dei gigli ed è chiaramente visibile altro spazio nella parte alta del rettangolo in cui è iscritto. Questo spazio tra il capo dei Santi e la parte alta dei loro rispettivi rettangoli aurei sembra sia dovuta ad una questione di simmetria e proporzioni, le cui “regole” sembrano dettate dal pastorale di San Nicola che occuperebbe (teoricamente) l’angolo in alto a sinistra del corrispondente rettangolo aureo. Grazie a tutte queste considerazioni possiamo concludere dicendo che se nella realtà, oggi, il nostro quadro misura approssimativamente 202×175 centimetri, in TEORIA esso potrebbe aver avuto una forma quadrata avente lato di 250 centimetri di lunghezza ma non è detto che la ebbe in passato. Basandoci sulle dimensioni teoriche appena introdotte, appare chiaro come la Madonna con bambino (ed il relativo trono) trovino posto, nella rappresentazione, in maniera centrale. La tal cosa non accade nel contesto reale in quanto, sia il trono che la Madonna con bambino occupano una posizione leggermente sfasata difficilmente visibile a prima vista (e con loro tutto il resto). Ci verrebbe da dire che la nostra analisi vada confermando la tesi secondo la quale la tela, per meglio adattarla alla cornice (più antica secondo gli esperti), venne tagliata lungo i suoi lati, eccezion fatta per la base. Altra cosa da notare sono i due putti in alto a sinistra. Essi sono praticamente identici a quelli presenti sul “San Giovan Giuseppe della Croce con Bambino”, una tela restaurata in tempi recenti dalla Dott.ssa Annarita Gagliardi; anche per quest’ultima, a calcoli effettuati, risultano presenti geometrie sacre. Ci verrebbe da pensare che le due opere potrebbero portare la medesima “firma”… continua…
Foto per gentile concessione di “Ischia d’altri tempi”


