dalla redazione|
Pochi giorni fa, sul New York Times è stato pubblicato un articolo curioso dal titolo: “L’altra Napoli non si vede su Instagram”. In sintesi, la giornalista sostiene che, sebbene esista una Napoli bella e “instagrammabile”, c’è anche una Napoli meno appariscente e dimenticata. Ma la vera sorpresa, sembra, è che ci sono “parti di Napoli estremamente instagrammabili” e altre meno “fotogeniche”. “Oh, my God, è incredibile!”, aggiungiamo noi…
Ma la giornalista insiste: “La città del Sud Italia è diventata di moda per turisti, modelle e attori nell’era dei social media. Eppure rimane spietata per molti dei suoi giovani…”. Così, mentre i turisti si fermano a godere dell’odore della pizza fritta e ammirano i murales bianchi e blu di Diego Maradona lungo le strade fiancheggiate da panni stesi, alcuni giovani – come un ragazzo di 18 anni e due sorelle gemelle di 26 anni – sono rimasti vittime di un’esplosione in una fabbrica di fuochi d’artificio clandestina. I loro corpi sono stati bruciati e mutilati. E questo è solo uno dei tanti episodi tragici che la cronaca ci riporta, con il continuo susseguirsi di morti violente per mano della criminalità.
In pratica, l’articolo ci rivela che Napoli è “mille colori e mille paure”, un luogo di contradictions. È tutto vero e amaro, e dovremmo fare tutto il possibile per evitare queste tragedie assurde. Il problema, però, è associare il turismo a questi casi di cronaca, quasi per fare uno “scherzo infantile” (bella e di moda la vostra città, MA…). Il vero errore è non considerare che Napoli e provincia contano circa due milioni di abitanti, e che in tutte le grandi metropoli del mondo esistono quartieri belli e quartieri meno belli. Inoltre, è importante sottolineare che Napoli ha dati di criminalità inferiori rispetto ad altre metropoli italiane e internazionali.
Per fare un esempio che il New York Times dovrebbe conoscere bene, nel 2022 sono stati 448 i bambini arrestati a New York, di cui 124 per sparatorie (dati dell’Office of Children and Family Services). Come mai accade tutto questo nella bellissima New York, una città che conta oltre 60 milioni di turisti ogni anno?
Ha senso fare una riflessione sulle “contradictions” di New York se fossimo giornalisti stranieri lì per un reportage? E troveremmo colleghi “entusiasti” di raccontare queste contraddizioni?
P.S. Abbiamo inviato questa nota al giornale e alla giornalista Emma Bubola (originaria di Verona, ma riteniamo che le sue origini non siano rilevanti ai fini di questa discussione).
Lettera di Gennaro De Crescenzo del Movimento Neoborbonico
Foto di copertina dal web
