Giobatta Cricco, storie di una deportazione

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di Arianna Orlando|

Si è tenuta nei giorni 26 e 27 gennaio, presso la sala Sandro Pertini delle Antiche Terme Comunali di Ischia, la mostra dal titolo “Giobatta Cricco, storie di una deportazione”, curata dal bis-nipote dello stesso -cui era intitolata la manifestazione- Giovanni Cricco.
La mostra, che comprendeva una numerosa e attenta documentazione su quanto accaduto a Giobatta Cricco e alla sua famiglia, ha avuto come scopo fondamentale il monito alla “perseveranza” della memoria. Nella fattispecie, la memoria non è un monumento da contemplare ma una fiaccola da passare di mano in mano affinché il fuoco dell’indignazione non si spenga mai più e continui ad alimentarsi tanto che ciò che è accaduto, non si ripeta di nuovo.
Giobatta Cricco era un contadino friulano, deportato nel campo di concentramento di Dachau, per rappresaglia, da un gruppo di SS. La storia ha inizio da questo esatto momento della vita di Giobatta che coincide con il terribile tempo storico dei rastrellamenti, delle deportazioni in massa e dei campi di concentramento in cui hanno perso la vita milioni di persone. Ricostruire il percorso di Giobatta nei momenti della sua prigionia non è stata una facile impresa dal momento che le ricerche hanno impiegato sforzi importanti e tempi di attesa molto lunghi, ma la perseveranza dei nipoti di Cricco, tra cui in primis quella del nipote Giovanni, ha portato ai risultati memorabili “finiti sotto gli occhi di tutti” in occasione della mostra. Giovanni Cricco è riuscito a recuperare i documenti che testimoniano il passaggio del nonno Giobatta dal campo di concentramento di Dachau a quello di Buchenwald, il lavoro da meccanico che svolgeva presso la fabbrica Heinkel Werke dove le condizioni di vita erano particolarmente anguste e difficili e infine il suo coinvolgimento nella marcia della morte che lo ha condotto a morire per sfinimento il 28 aprile del 1945. Il lavoro estenuante che Giovanni Cricco ha finora compiuto e che continuerà a compiere per ricostruire i tasselli mancanti della storia del suo bisnonno siano da monito per riappropriarci, ancora una volta, della lezione di Primo Levi: “la memoria non è solo un ricordo, è un impegno”.