Il Caffè della Domenica: l’ultima lezione di Francesco

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di Camillo Buono|

Questa domenica il caffè lo prendo a casa. Sarà la primavera, sarà lo stress del cambio di stagione, ma oggi mi godo l’ozio e mi lascio coccolare dalle mura domestiche. Il profumo del caffè invade la cucina, e nel silenzio del mattino, mentre i pensieri si stiracchiano piano, il mio sguardo si ferma – quasi ipnotizzato – sulle immagini che scorrono in tv delle esequie di Papa Francesco.

Un momento solenne, carico di significato, che ha saputo fermare il mondo.
Colpisce vedere come nella stessa piazza, quella di San Pietro, si siano ritrovati ieri i maggiori leader mondiali, accanto a uomini e donne semplici, a quegli “ultimi” che Francesco ha sempre voluto al centro della sua Chiesa. Non c’erano gerarchie, non c’erano privilegi: tutti uniti nel dolore, ma anche in una comunione profonda che era il vero messaggio del Pontefice.

Un’immagine, più di tutte, resta nel cuore: le sue scarpe consumate, quelle stesse scarpe con cui ha camminato accanto ai poveri, ai migranti, agli ultimi della Terra, lo hanno accompagnato anche nel suo ultimo viaggio. Un dettaglio che dice tutto della sua vita: sobria, essenziale, tutta rivolta agli altri.

È quella di ieri è stata, forse, la sua ultima grande omelia. Pronunciata senza parole, ma potente come un grido di umanità.
La piazza non era solo il luogo del congedo da un grande uomo di fede: è diventata teatro di un incontro simbolico e politico. Proprio lì, nel silenzio carico di emozione, si sono intrecciati colloqui, strette di mano, sguardi d’intesa. Si è parlato – è trapelato – di pace. Non solo della pace sognata da Francesco, ma della concreta possibilità di avviare nuovi percorsi diplomatici per l’Ucraina e non solo.

In un tempo in cui i valori sembrano sbiadire e l’etica si confonde nel frastuono, Francesco – il Papa venuto “dalla fine del mondo” – è riuscito, anche nell’ultimo giorno, a compiere un piccolo miracolo: ricordarci che la politica, se vuole essere davvero grande, deve passare attraverso l’incontro, il dialogo, la fraternità.

Forse è questo il mistero della Chiesa: così antica da sembrare eterna, così umana da sapere ancora parlare al cuore. Così fragile e così forte, capace – in certi istanti – di mettere attorno allo stesso altare poveri e potenti, credenti e non credenti.

E così oggi non è solo il mondo cristiano a piangere, ma un’intera umanità che, anche solo per un momento, si è scoperta comunità.
Dev’essere davvero bello, ora, il paradiso. Ma anche qui, in questa domenica di aprile, forse grazie a Francesco, siamo un po’ meno soli.