di Camillo Buono|
Stamattina, come ogni domenica, mi sono seduto al bar con il mio caffè fumante tra le mani. Davanti a me, sparsi sul tavolino, i soliti quotidiani del giorno, compagni fissi del mio appuntamento con la carta stampata.
E non posso fare a meno di notare come, a tre giorni dall’elezione del nuovo Pontefice, i titoli continuino a rincorrersi tra analisi, previsioni, supposizioni. Si parla di Leone XIV, il nuovo Papa, come di una figura carismatica, enigmatica, promettente. Una presenza ancora tutta da scoprire.
Così, tra un sorso e l’altro, mi lascio prendere dalla riflessione. Perché diciamocelo: guidare un’istituzione che esiste da duemila anni non è proprio un’impresa da poco. Eppure, la mia impressione è positiva. Decisamente positiva.
Sì, lo dico chiaramente: a volte, è proprio l’abito che fa il monaco. E questo abito, questa figura, mi ispira. Mi dà fiducia. Il fatto poi che provenga dall’ordine degli Agostiniani è una garanzia in più: un uomo che conosce la carità, ma che non rinuncia alla conoscenza.
E poi c’è quel nome: Leone. Un richiamo potente, che sa di ruggito, di coraggio, di determinazione. L’ultimo Papa con questo nome fu un innovatore. E se la storia ha un senso ciclico, allora forse possiamo davvero aspettarci una guida capace di portare la Chiesa avanti nel suo cammino nel mondo. Tra tradizione e rinnovamento. Tra fede e realtà.
La Chiesa sopravvive ai secoli perché sa cambiare restando se stessa. Senza mai cambiare Dio, perché la sua strada è proprio Lui: Dio. E forse Leone XIV sarà davvero questo: un ponte tra ciò che è stato e ciò che sarà sulla strada di Dio.
Intanto il mio caffè è finito. Ma la riflessione, quella, resta.

