di Camillo Buono|
Questa domenica mattina me la prendo con calma.
Mi siedo al tavolo di un bar che, un tempo, è stato il vero cuore pulsante della nostra isola. Un bar iconico, dove negli anni ‘80 e ‘90 passava tutto: il turismo elegante, i racconti dei pescatori, i primi cellulari, gli aperitivi d’estate, gli sguardi curiosi tra isolani e forestieri. Oggi quel bar è ancora lì — almeno nella struttura — ma l’anima, forse, è cambiata.
Mentre sorseggio il mio caffè e osservo i volti nuovi dietro il bancone, mi rendo conto che questo piccolo cambiamento è in realtà il riflesso di qualcosa di molto più grande.
E allora, da questa tazzina che profuma più di memoria che di caffè, nasce la riflessione che voglio condividere oggi.
È sotto gli occhi di tutti: Ischia sta cambiando.
Una metamorfosi inarrestabile attraversa la nostra isola, visibile a chi la vive ogni giorno, ma anche a chi ci torna dopo anni con il ricordo di un luogo fermo nel tempo. Eppure, nonostante questo cambiamento sia evidente, Ischia continua a conservare — fortunatamente — il fascino delle sue bellezze naturali, quei paesaggi che sembrano resistere al tempo e alla mano dell’uomo.
A cambiare, in realtà, siamo noi. Gli isolani.
Questa riflessione nasce da un dato che sempre più spesso si palesa nella vita quotidiana: ciò che molti genitori hanno faticosamente costruito, i figli non sempre sono riusciti a portare avanti con la stessa passione e lo stesso successo. Parlo di quei veri e propri “imperi” economici nati nel pieno del boom turistico — a partire dagli anni ’60 e anche prima — che hanno reso Ischia una meta amata in tutto il mondo.
Oggi, molte di quelle strutture — piccole o grandi che siano — sono passate in mano a realtà imprenditoriali provenienti dalla terraferma.
Le cause? A volte una gestione poco accorta, a volte una naturale discontinuità generazionale: ciò che era ambizione per i padri, non lo è stato per i figli. E così, piano piano, molte attività storiche sono cambiate, si sono trasformate, alcune si sono spente, altre sono state assorbite da logiche di mercato ben lontane dallo spirito originario che ha animato l’ospitalità isolana per decenni.
Certo, non tutto è perduto: ci sono ancora tante aziende locali che portano avanti con orgoglio e professionalità l’accoglienza turistica, valorizzando il territorio e offrendo esperienze autentiche.
Ma il segnale è chiaro: se chi subentra alla guida delle attività non sarà capace di mettere davvero al centro il turista, con i suoi bisogni e desideri — e non solo il ritorno economico dell’impresa — questa metamorfosi rischia di allontanare Ischia dalla sua vocazione più vera.
Ischia cambia.
E noi, nel nostro piccolo, non possiamo far altro che raccontarne il cambiamento. Con uno sguardo lucido ma affettuoso, come si fa con chi si ama davvero.

