Il caffè della domenica: quel solco sulla montagna e la giustizia che non c’è

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di Camillo Buono|

Bere il caffè, questa domenica, con lo sguardo rivolto verso quel solco inciso sulla montagna di Casamicciola Terme, mette i brividi. È una ferita profonda, incisa nella carne viva dell’isola, che ancora grida. Eppure, la giustizia ha già scelto di voltare pagina. Archiviare.

Non sono alla caccia di un colpevole da esporre alla gogna mediatica. Non mi interessa la condanna per il gusto della pena. Ma c’è una domanda che non riesco a scacciare: davvero nessuno ha delle responsabilità?

La frana del 26 novembre 2022 è stata certamente un evento eccezionale, lo riconoscono tutti. Ma non era inedita. Non era imprevedibile. Non era la prima. Solo nel 2009, in quella stessa zona, la montagna aveva già presentato il conto: Anna De Felice perse la vita, travolta da una colata di fango. E andando ancora più indietro, nel 1910, una frana altrettanto violenta portò morte e distruzione a Casamicciola. Allora, però, lo Stato reagì: si realizzarono briglie, canali scolmatori, opere di ingegneria idraulica avanzate per l’epoca. Interventi seri, pensati per contenere e prevenire.

E per un secolo, quei manufatti hanno silenziosamente protetto il territorio. Nessuna frana, nessuna tragedia. Ma chi doveva curarli? Chi doveva manutenere il bosco, liberare gli alvei, sorvegliare il sottobosco? A chi competeva il compito di monitorare e intervenire?

Sono domande che restano senza risposta.

È paradossale: in un Paese dove si emette un’ordinanza per il colore errato di una persiana, dove si sgombera una famiglia in poche ore per demolire un’abitazione costruita trent’anni fa, oggi la giustizia non riesce quasi a venirne a capo. “Nessun responsabile”, si dice. Perché l’evento è stato eccezionale. Ma allora, che qualcuno abbia almeno il coraggio di scriverlo a chiare lettere: lì non c’erano abusivi, e la colpa non è di chi abitava lì.

Se davvero nessuno è colpevole, allora lo Stato deve assumersi la responsabilità di non aver fatto nulla per decenni, lasciando quelle opere del 1910 a sfidare la natura senza manutenzione. E i media, quelli che hanno parlato troppo presto e troppo superficialmente, dovrebbero oggi titolare a tutta pagina: la montagna è crollata, ma non erano abusivi a provocarla.

Gli eventi eccezionali possono accadere ovunque. Ma quando si ripetono, identici, a distanza di anni, e ogni volta ci si dimentica di imparare qualcosa, non è più solo colpa della natura.

Oggi il mio caffè ha un retrogusto amaro. È il gusto dell’impunità. E di un silenzio che pesa più delle pietre rotolate giù da quella montagna.