Il Caffè della Domenica – Social e giustizia: quando la denuncia diventa spettacolo

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di Camillo Buono|

Stamattina, seduto a casa con il sole del primo mattino che filtra pigro dalle finestre, sorseggio il mio buon caffè della domenica lasciandomi trasportare — come spesso accade — da una scorribanda tra i social.

Con la tazzina che fuma tra le dita e il silenzio dell’isola ancora addormentata intorno a me, mi ritrovo a riflettere su quanto questi strumenti digitali abbiano rivoluzionato le nostre abitudini.
Ci hanno cambiato, nel profondo. Hanno trasformato il nostro modo di informarci, di parlare, di guardarci… e soprattutto di giudicare.

L’informazione, ad esempio, è diventata tutt’altra cosa rispetto a qualche decennio fa.
Una volta, le notizie arrivavano con giorni di ritardo, a volte settimane. Quelle più urgenti si annunciavano col celebre telegramma: poche parole, secche e schiette.
Oggi, invece, viviamo immersi in un flusso costante di notizie in tempo reale — a volte vere, a volte meno — che con un semplice clic fanno il giro del mondo e diventano, anche senza verifica, certezze assolute.

Che siano belle o brutte, sembra che esistano occhi ovunque, pronti a catturare l’attimo con lo smartphone: un terremoto, un incidente, un atto di generosità o di inciviltà.
Ma non è solo l’informazione a essere cambiata. Sta cambiando — e tanto — anche il nostro modo di denunciare ciò che non va.

Un tempo, raccontare un’ingiustizia era compito dei giornalisti. Persone che, per mestiere, avevano l’obbligo morale e deontologico di approfondire argomenti e verificare le fonti prima di raccontare.
O era compito delle Autorità, se si trattava di reati o violazioni della legge.

Oggi, invece, la denuncia pubblica — vera o presunta che sia — ha trovato un nuovo palcoscenico: i social.
Sempre più spesso, davanti a un comportamento scorretto o a un illecito, nessuno chiama più le Forze dell’Ordine.
No: si tira fuori il telefono, si gira un video, si scrivono due righe indignate e si posta tutto online.
La “denuncia” diventa virale, si alimenta di like, commenti, condivisioni.
E nasce così una forma di giustizia fai-da-te, sempre più diffusa… e forse anche un po’ inquietante.

Un caso emblematico è quello della pagina social del deputato della Repubblica Francesco Emilio Borrelli, che ogni giorno documenta — o rilancia — segnalazioni su abusi, inciviltà e storture, soprattutto a Napoli e provincia.
Parcheggi selvaggi, venditori abusivi, maltrattamenti agli animali, truffe, scorrettezze d’ogni genere: decine di segnalazioni al giorno, che lui condivide puntualmente.
Molti lo stimano, lo considerano un difensore della legalità. Altri lo criticano per l’eccessiva esposizione mediatica.

Ma, al di là del personaggio, la domanda è più profonda:
è ancora questa una vera denuncia o è solo intrattenimento indignato?
Perché diciamocelo chiaramente: andare in caserma a sporgere denuncia non fa notizia.
Non porta like. Non fa scalpore. Non ti regala una manciata di follower in più.

Ma postare tutto su una pagina molto seguita… sì.
Ti fa sentire parte di una comunità, di un “esercito del bene” armato di smartphone e rabbia digitale.
Anche se poi, spesso, tutto si risolve in una scrollata di spalle. E nessuna vera autorità interviene.

E allora che sta succedendo davvero?
Stiamo trasformando la giustizia in un contenuto social?
Stiamo barattando la legalità con la visibilità?
E soprattutto: siamo certi che quando documentiamo qualcosa, stiamo raccontando la verità… o è solo una nostra interpretazione dei fatti?
Perché se così non fosse, il rischio è quello di gettare discredito su persone, attività o situazioni, generando danni a volte irreparabili — anche di natura penale — solo sulla base di una percezione personale.

Attenzione: non si vuole sminuire l’utilità delle segnalazioni online.
In molti casi, hanno davvero smosso acque stagnanti, fatto emergere problemi nascosti, dato voce a chi non ne aveva.
Ma non possiamo accettare che la giustizia si riduca a un post ben scritto o a una storia su Instagram.
Non possiamo rassegnarci all’idea che una denuncia si faccia solo davanti a una fotocamera, e non più davanti a un maresciallo.

Perché se la giustizia diventa uno spettacolo, rischia di restare solo quello: uno show da consumare e dimenticare.
E la legalità, quella vera — silenziosa, lenta, faticosa e senza cuoricini — rischia di finire in fondo alla timeline, sommersa da altro.

Buon caffè e buona domenica, con la speranza che la vita reale abbia sempre la meglio sull’irrealtà dei social.