di Camillo Buono|
Anche questa domenica il mio caffè ha un sapore diverso. Non è il gusto rassicurante a cui sono abituato, ma un sorso amaro, come amaro è ciò che ci circonda in questi giorni che dovrebbero portare serenità e spensieratezza nella vita di ognuno di noi. Purtroppo non è così: la nostra comunità isolana, solitamente scandita da ritmi semplici e familiari, è stata improvvisamente spezzata dal più terribile degli accadimenti che una società civile possa conoscere: l’omicidio.
E non un solo omicidio, ma un duplice delitto seguito da un suicidio. Una tragedia che ha colpito Forio, sconvolgendo quella quotidianità fatta di vicinato, di silenzi serali e di gesti ripetuti che davamo per scontati.
Dietro a questo dramma si intravede, ancora una volta, la fragilità delle relazioni umane: un amore non corrisposto, un legame interrotto, una passione trasformata in dolore. Forse anche l’età e la solitudine hanno avuto il loro peso. Ma non è mio compito indagare nei dettagli, né cercare spiegazioni nelle pieghe più intime. L’informazione non deve farsi portavoce di curiosità morbosa: deve piuttosto offrire strumenti per comprendere e per riflettere.
La riflessione che oggi sento di condividere è semplice e radicale: la vita, ogni vita, ha senso solo se custodita, rispettata, protetta. Anche quando l’amore finisce. Anche quando non siamo più al centro del cuore di chi un tempo ci aveva scelti. Non esiste giustificazione per trasformare la mancanza in violenza.
Questa vicenda segnerà la cronaca locale a lungo, lasciando in noi l’immagine di un’estate che avremmo voluto vivere diversamente. Un’estate che invece resterà impressa come una ferita, ricordandoci che l’orrore non appartiene solo a mondi lontani, ma può bussare alla porta delle nostre case.
Il mio caffè oggi finisce qui. Non cercherò altri motivi, non scaverò oltre. Preferisco voltare pagina, con la speranza che la nostra comunità, pur nel dolore, sappia ritrovare la forza di custodire ciò che resta davvero prezioso: la vita.

