Il Caffè della Domenica: vergogna digitale e comunità ferite

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di Camillo Buono|

Questa settimana la nostra isola è stata attraversata da un fatto che ha destato scandalo e rabbia, ma che, in fondo, non dovrebbe sorprenderci più di tanto. Il clamore mediatico ha portato alla luce un gruppo Facebook con oltre 32mila iscritti, in cui venivano condivise e commentate, senza alcun consenso, foto private di mogli, compagne, colleghe, vicine di casa. Tra quei nomi c’erano anche professionisti, figure insospettabili, padri di famiglia della nostra isola. La vergogna che si prova nel leggere questa vicenda non riguarda le donne vittime di questa violenza digitale, ma chi ha scelto di tradirle, di rubare la loro intimità e trasformarla in merce da scambio.

La denuncia di Antonietta Manzi, con parole dure e necessarie, ha scoperchiato non solo la realtà di un gruppo tossico, ma un problema molto più profondo: la complicità silenziosa di uomini che, dietro la maschera di una vita rispettabile, hanno partecipato a un atto di sopraffazione collettiva. Non si tratta di uno “scivolone digitale”, ma della conferma di un fenomeno culturale che attraversa il Paese e che arriva anche qui, nelle nostre case, nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità.

Sempre di più la realtà virtuale si intreccia con quella reale, spostando in avanti i confini che separano la vita vera dai mondi paralleli dei social. In questo spazio illusorio pensiamo che non esistano regole, che tutto sia concesso, che ciò che accade sullo schermo resti confinato lì. Ma la verità è che gli abusi digitali lasciano ferite concrete: distruggono rapporti, minano la fiducia, colpiscono la dignità delle persone e macchiano l’onore delle comunità.

E non si tratta solo di uomini contro donne: basti pensare a piattaforme come OnlyFans, dove il confine tra intimità e spettacolarizzazione si è fatto labile, segno di un cambiamento più ampio che riguarda tutti. Alcune di quelle che sembrano “libertà” nascono proprio da questo confine: attraverso lo schermo tutto appare concesso, disinibito, privo di filtri. Ma è un’illusione, perché la vita reale continua ad avere limiti, valori, sensibilità che non possono essere cancellati con un click. Ed è importante distinguere: se una donna o un uomo decide liberamente di mettere in mostra il proprio corpo o la propria intimità, è una scelta consapevole che riguarda solo loro. Diverso, e infinitamente più grave, è pensare di avere lo stesso “diritto” sull’intimità delle persone vicine, ignare e inconsapevoli. In quel caso non si parla di libertà, ma di violenza.

Questo non è un semplice scandalo digitale, ma uno specchio che ci costringe a guardare in faccia la realtà: la mentalità che ha generato quel gruppo non scompare con la sua chiusura. Se non impariamo a riconoscerla, a denunciarla e a combatterla, continuerà a riemergere sotto altre forme, su altre piattaforme. Perché non basta cliccare “chiudi”: serve cambiare la cultura che permette a certe derive di esistere.