di Camillo Buono|
Sorseggio il mio caffè in questa ultima domenica di fine agosto. Fuori l’estate sembra voler resistere, eppure nell’aria si sente già l’arrivo di settembre. Ciò che mi sorprende, mentre tutto intorno a noi cambia, è che il gusto del mio caffè resta invariato, immutabile, quasi a voler sfidare i cambiamenti del tempo. Un piccolo grande rito che resiste, e che mi accompagna nel pensiero.
Così, mentre mi godo questo momento, ripenso a come dalla mia gioventù ad oggi i tempi siano cambiati. Non voglio dire se in meglio o in peggio, perché il cambiamento è fisiologico: fa parte della vita stessa, dell’universo, di noi. Ma una cosa è certa: porta sempre con sé ricordi, un amarcord che emoziona il cuore e l’anima. Ed è proprio questo che oggi mi va di condividere: un viaggio tra epoche diverse, ognuna con il suo fascino unico.
Così il mio pensiero mi porta agli anni ’90 quelli della mia adolescenza. Erano gli anni dei motorini truccati che facevano rumore per le strade dei paesi, delle cassette registrate la sera con la radio, sperando di “beccare” senza pubblicità l’ultima hit. Gli 883 cantavano “Hanno ucciso l’uomo ragno” e “Gli anni” che, per noi, erano la colonna sonora della vita.
Il Game Boy sotto il banco, i pomeriggi passati davanti alla TV, le cabine telefoniche come punto d’incontro, dove con una scheda da poche lire si riusciva a raccontare un’ora di vita a un amico. Erano anni semplici, veloci e lenti allo stesso tempo, fatti di piccole conquiste quotidiane.
Poi sono arrivati gli anni 2000. Con loro la maturità e, per tanti ragazzi, il servizio militare: forse gli ultimi di una generazione. E poi gli SMS da 160 caratteri, che ci costringevano a scegliere bene ogni parola. Le suonerie polifoniche, i primi cellulari che sembravano mattoni ma che custodivamo come gioielli. MSN Messenger era la nuova piazza virtuale: ci si dava appuntamento online, tra emoticon che sostituivano i battiti del cuore.
La tecnologia cominciava a correre, ma la magia stava tutta lì: nel “bip” di un messaggio atteso, nelle prime foto scattate con quelle macchine digitali che ci facevano sentire piccoli grandi fotografi.
E poi siamo diventati grandi, così è arrivata la seconda decade, il 2010. Era il tempo dei social. Facebook ci ha fatto ritrovare vecchi compagni di scuola, Instagram ci ha insegnato a raccontare la vita attraverso un filtro che, a volte, sembrava più bello della realtà stessa. Erano anche gli anni dei viaggi “low cost”, delle biciclette elettriche, di una nuova idea di mobilità leggera e sostenibile.
Ed infine eccoci all’oggi, nell’epoca delle chat vocali e delle videochiamate gratuite, ovunque e con chiunque. La musica non si aspetta più davanti alla radio: è lì, sempre disponibile, a portata di cuffie. Eppure… quando parte una canzone degli 883 o dei Lunapop, giovani e meno giovani la cantano a squarciagola, come se il tempo non fosse mai passato.
Tutto questo fa parte della bellezza che unisce le nostre epoche, dove il cambiamento è stato veloce e spesso radicale. Forse non esiste un prima o un dopo migliore. Esiste un percorso fatto di simboli, mode, conquiste, che ci ha portati fin qui.
E il bello è che certe emozioni – un tramonto sul mare, una risata con gli amici, una canzone che ci fa ballare – restano sempre uguali, senza età.
Perché ogni stagione della vita ha il suo sapore. E ognuno di noi custodisce la sua colonna sonora personale, pronta a riaccendersi al primo accordo di chitarra.

