Il caffè della domenica: Ischia, progresso o regresso?

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di Camillo Buono|

Complice il tempo che, dall’autunno, sembra ormai virare deciso verso l’inverno, oggi il mio caffè lo prendo a casa, nella mia comfort zone: la cucina.
È presto, e mentre tutti ancora dormono, l’unico rumore che rompe il silenzio è quello della caffettiera che borbotta piano, annunciando che il caffè è pronto. È un suono familiare, quasi rassicurante, che accompagna l’inizio di ogni mia domenica.

Seduto al tavolo, mi lascio tentare dal cellulare, scorrendo le notizie della settimana che hanno animato la nostra isola. Al di là dei soliti titoli di politica — che in questi giorni, con le elezioni regionali alle porte, riempiono pagine e discussioni — mi soffermo, con un certo disappunto, su una notizia che forse molti si aspettavano, ma non del tutto: la sentenza sul parcheggio della Siena a Ischia Ponte.

Non voglio entrare nel merito tecnico della decisione né giudicare l’opera in sé, ma una riflessione sorge spontanea: quante volte, su quest’isola, abbiamo visto opere iniziate e mai compiute? Cantieri che si aprono con entusiasmo, progetti che promettono sviluppo e poi, improvvisamente, si fermano. E allora mi chiedo: Ischia vuole davvero progredire o preferisce regredire?

Il progresso passa anche attraverso le opere pubbliche, certo, ma non solo. Passa dai trasporti, dai servizi, da tutto ciò che rende un territorio moderno, vivibile e accogliente.
Ma com’è possibile che, dopo anni di lavori e promesse, si arrivi al fotofinish a scoprire che un’opera è “irrealizzabile” e debba addirittura essere demolita?
Non è che l’hanno costruita in un paio di giorni!

Il parcheggio di Ischia Ponte sarebbe stato, senza dubbio, un’infrastruttura utile non solo al borgo ma all’intera isola, dove la carenza di spazi e di servizi pesa sulla collettività come un macigno.
Vicende come questa, però, non fanno bene al territorio: alimentano sfiducia, frenano gli investimenti, allontanano chi — magari da fuori — vorrebbe credere in Ischia, mentre spesso l’imprenditoria locale sembra cieca, o fa finta di esserlo.

Eppure, Ischia, come tutte le località turistiche, ha bisogno di migliorare, non peggiorare.
A meno che non si voglia tornare all’epoca di quando l’isola viveva soltanto di agricoltura e pesca. Un tempo nobile, sì, ma ormai lontano.

E proprio oggi, 9 novembre, vale la pena ricordare un anniversario che parla di vero progresso.
Era il 9 novembre 1958 quando, nel Piazzale Aragonese di Ischia Ponte, venne inaugurato l’acquedotto sottomarino, il primo d’Europa, che portava finalmente l’acqua potabile sull’isola, proveniente da Miliscola, sulla terraferma.
Durante la cerimonia, un getto d’acqua alto quaranta metri si levò simbolicamente nel cielo, accompagnato dall’apertura delle fontane in tutti i comuni isolani.

Un’opera visionaria, figlia di un’epoca in cui il progresso era una missione collettiva, un sogno concreto che diventava realtà.
Fino ad appena sessantasette anni fa, sull’isola non esisteva una condotta idrica.
Immaginiamo se allora, l’8 novembre 1958, un pretore avesse deciso di sequestrare quell’opera per qualche vizio tecnico: forse oggi avremmo ancora i muli che salgono alla Fonte di Buceto a riempire le botti.
Invece, grazie a quella visione, l’acqua cominciò a scorrere nelle case e la qualità della vita cambiò per sempre.

Ecco, il paradosso sta proprio qui: in un tempo in cui l’Italia del dopoguerra costruiva ponti, acquedotti e sogni, noi oggi smontiamo i nostri, pietra dopo pietra, pratica dopo pratica, rinunciando a ciò che avrebbe potuto rendere l’isola migliore.

Serve una svolta vera, una visione che guardi avanti.
Ma temo — e lo dico con amarezza — che le prossime elezioni, come tante altre prima di esse, difficilmente porteranno quel cambiamento di cui l’isola ha davvero bisogno.
E quel parcheggio mai finito resterà lì, come tante altre opere “nostrane”, a ricordarci ciò che Ischia ha mancato nel dare al proprio futuro.

E così, mentre finisco il mio caffè e fuori il vento soffia tra le imposte, resta una domanda che mi accompagna:
vogliamo continuare a raccontare le promesse non mantenute, o vogliamo finalmente scrivere una nuova pagina della nostra Ischia?