Il Borgo del Ciglio e la Via Pedicuozzo “ridestati” dalla nascita del Redentore

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di Luigi Schiano|

Quello che è andato in scena la sera del 26 dicembre nel borgo del Ciglio è stata la prima edizione di un evento che questa frazione non aveva mai vissuto: “Nascett ’u Cigl”, la rievocazione della nascita del Redentore nel borgo antico del Pedicuozzo, che fungeva da via mulattiera prima della nascita della strada statale. Qui case, cantine e depositi si raggruppano in una posizione amena, che profuma di sapori, volti e storie del passato. Purtroppo sono poche oggi le case abitate e i vari luoghi che vengono utilizzati; un tempo erano il cuore pulsante del borgo.

In questo presepe ogni luogo evocava il nome di personaggi del passato, proprietari di questi spazi. Una linea continua di luci propagava un bagliore in tutto il borgo fino alla Chiesa del Ciglio, mentre il suono di zampogne, ciaramelle e fisarmonica scaldava i cuori. Anche i pastori, nel racconto del Vangelo, per la gioia della nascita del Redentore furono avvolti da una grande luce.

Scendendo man mano e calpestando i caratteristici basoli, ci si imbatteva in donne che inscenavano mestieri prettamente ischitani, come la signora Caterina che realizzava cestini con la raffia, le signore che ricamavano con il fuso, Rita che “scilava” la lana come si usava anticamente, Biggina che intrecciava i cestini. Questi mestieri sono stati, nel secolo scorso, il sostentamento per il pane quotidiano. Anche Lucia e Maria si muovevano nel cala cala con il cestino, portando le provviste al piano superiore della casa di Zì Pietr e Maria a Quatran.
La lavandaia, ormai sostituita dalle lavatrici, faceva scena: questo era un mestiere svolto non solo in casa, ma anche da tante donne che, dopo il boom turistico, negli alberghi consumavano le mani nel lavaggio dei panni. Come non ricordare una lavandaia doc fontanese: Iolanda Mattera e Cuscitiell.

Scendendo lungo il percorso c’era la bottega con i giocatori di carte e, sulla salita, la cantina di “Vicienz ’e Macchion”. Questa cantina ha evocato un ricordo di parenti di mio nonno Luigi, discendenti da questo borgo. Essa è scavata nel tufo, con il bel palmento e le botti di legno oggi andate in disuso in molte altre cantine e sostituite dai silos in acciaio. Nel secolo scorso anche la produzione del vino ha dato sostentamento a tanti.

Lungo il percorso tanti animaletti di allevamento, come pecore, papere, conigli di fosso e muli, rallegravano il borgo: chi possedeva questi animali era fortunato. C’era lo spaccalegna, il fabbro che forgiava il ferro con il fuoco, Michelino che arrostiva le castagne, Maria che produceva il pane. E quanto pane è stato prodotto al Ciglio da Francesca e Luisella, che avevano due forni a cui tutti i cittadini di Serrara e Fontana andavano a rifornirsi.

In una grotta scavata nel tufo verde faceva scena, in tutto il suo genuino splendore, la nascita del Redentore con Maria, Giuseppe e il piccolo Bambino Gesù, scaldato da un grazioso asinello. I Magi, chiamati da Re Erode, al piano superiore della sacrestia chiudevano il percorso. Tant’altro buon cibo, come zeppole, baccalà, vino caldo e cioccolata calda, rallegrava il palato dei convenuti.

Tutti, come 2000 anni fa, erano attratti da una sola cosa “disarmante e disarmata”: un Bambino indifeso che nasce per noi. I tanti visitatori e i bambini accorsi erano incuriositi dai diversi mestieri di una volta; si respirava un’aria di mistagogia. Forse riecheggiavano nella mente i canti dell’angelo che, in quella notte santa, lodava Dio dicendo: “Gloria a Dio e pace agli uomini che Egli ama”. Si è quindi potuto toccare visivamente e concretamente ciò che ascoltiamo durante le Sante Messe della notte e dell’aurora. Tanti, sfidando l’aria frizzante, sono andati senza indugio, come i pastori, a vedere la nascita del Redentore che ha scelto una misera stalla per venire al mondo.

Questo presepe, pensato e progettato già da mesi, ha richiesto tempo, lavoro, persone di buona volontà e menti che hanno curato nei dettagli ogni particolare. È stato bello vedere tanti cittadini di diverse frazioni uniti per rappresentare la nascita del Redentore. Ed allora anche noi, tornando alle nostre case come i pastori, rendiamo grazie a Dio per ciò che abbiamo visto: quel Dio che si è fatto carne e ha voluto assumere la nostra natura umana.