di Camillo Buono|
In questa domenica, nel bel mezzo delle feste di Natale, ancora un po’ sopito dai giorni pieni, dalle tavole imbandite e dai grandi pranzi in famiglia, mi soffermo a guardare con occhi più distanti — e forse proprio per questo più attenti — la bellezza del Natale nel nostro Comune.
Una bellezza che non urla, che non ha bisogno di effetti speciali o di eventi stratosferici per farsi notare. È un Natale fatto di piccoli appuntamenti, di gesti semplici, di momenti che non cercano clamore ma riescono comunque a lasciare qualcosa dentro. Eventi che, in modo silenzioso, ti fanno sentire parte di una comunità viva, vera, a misura di persona.
Da sempre l’Amministrazione Comunale ha scelto di puntare sui bambini, sui ragazzi, sulle scuole. Una scelta che non fa notizia, ma costruisce futuro. Anche questo Natale lo ha dimostrato: iniziative pensate per i più piccoli, occasioni di incontro che hanno coinvolto famiglie e giovani, creando legami che vanno oltre il singolo evento.
Ma quest’anno, camminando tra le strade del nostro Comune e partecipando a ciò che è stato proposto, si avverte chiaramente un valore aggiunto nuovo. Un’energia diversa che passa attraverso la fede e la presenza concreta di Don Antonio Mazzella.
Una Chiesa che non resta chiusa dentro le sue mura, ma che esce, si muove, attraversa i luoghi e le persone. Una Chiesa che non aspetta, ma va incontro. Che non si limita a celebrare, ma coinvolge, risveglia, riaccende ciò che sembrava assopito.
Don Antonio è un giovane sacerdote che non ha paura di mostrarsi anche nei segni: la talare, la berretta, la mantella. Simboli antichi, forse oggi meno di moda, ma che proprio per questo parlano. E insieme a questi segni c’è un modo di fare che sta aiutando la nostra comunità a riscoprire cose messe da parte: luoghi dimenticati, eventi di fede che rischiavano di scivolare nel silenzio, momenti che sembravano destinati a essere ricordati solo come tradizione.
Ed è così che la fede si ravviva davvero.
Non con grandi discorsi, ma con la presenza.
Non con l’abitudine, ma con la partecipazione.
Eventi di fede che tornano a essere vissuti e non semplicemente assistiti. Occasioni che diventano cammino condiviso, incontro, comunità. Perché la fede, quando è vissuta insieme, pesa meno ed è più forte.
E così, in questa domenica, mentre sorseggio il mio caffè prima di andare a Messa, sento che la mia fede non è più sola. So che c’è una comunità che prova a camminare insieme e un sacerdote pronto ad accompagnarla, a riaccenderla, a custodirla.
Forse è proprio questo il dono più bello di questo Natale:
sentirsi parte di qualcosa di semplice, autentico e vivo.

